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© 2019 - Collettivo Mediterraneo

Grattacieli e soffitte

mediterreaneita, porti Mag 06, 2020

La storia del bacino del Mediterraneo è sicuramente quella di uno passaggio continuo di esperienze, di culture, conflitti e migrazioni, necessità e ritorni, bagagli di chi è andato e ingegno di chi è rimasto.Siamo cresciuti in centinaia di anni di scambi spesso avvenuti intorno al cibo. Abbiamo creato la storia gastronomica partendo da necessità e l’abbiamo resa grande e soprattutto molteplice. Molteplice per varietà, adattamento, capacità di mutare e di sedimentarsi proprio perché trova la sua origine nella necessità.Abbiamo imparato a conservare il cibo perché dovevamo spostarci e ci siamo aiutati con una mancanza, mancanza di acqua e utilizzo del sale, inventando quelli che poi sarebbero diventati salumi o i pesci salati. Abbiamo gestito le temperature e i prodotti che andavano a male facendoli diventare colonne della nostra alimentazione trasformando latte inacidito in oggetti di culto gastronomico. Dal genio artigiano al necessario ingegno del contadino della lucania, dalla fantasia di sopravvivenza delle donne che da est a ovest dovevano occuparsi della vita casalinga e commerciale delle famiglie ai grandi professionisti contemporanei passando per i popoli in cammino dalla Spagna verso il nord africa e il medio oriente.Centinaia di anni di marinature contrapposte a cotture lunghe e lente, consumi e conservazioni, caccia e agricoltura.

Siamo il risultato storico di anni di braccia che si incrociano per arrivare alla pagnotta di pane piuttosto che al batbout, all’agnello o alla feta, al vino o al te. Questi incroci di braccia e di identità, negli anni, ci hanno dato la capacità di integrare i prodotti che stavano arrivando nella nostra parte di mondo capendone il ruolo e la potenzialità. E quindi dalle castagne siamo arrivati ai pomodori, cibo etnico, immigrato.Abbiamo creato un modo unico di consumare il cibo e di produrlo: noi siamo quella fetta del mondo che parla di cibo mentre lo utilizza, mentre lo fa.

Abbiamo scritto il significato della parola “confine” con le nostre azioni. I confini, per i popoli del mediterraneo, sono sempre stati valore aggiunto nella vitalità e nella potenzialità dell’incontro e mai nella chiusura.Certo è che la parola “confine” richiede prospettiva e disponibilità per essere compreso. “Limite” è riduttivo se non fuorviante per raccontare il significato. Il “confine” nella concezione mediterranea della parola deve trovare significato più nella radice “con-“ che non nella desinenza “-fine”. Ogni linea tracciata crea un di là e, di là, c’è sempre qualcuno. La continua opposizione delle immagini di linea di chiusura a linea di contatto, lontana estremità a centro di confronto ha fatto si che si creasse quel geniale scambio, origine di identità e non di apolidismo. Identità intelligente, sentirsi appartenente per presentarsi al mondo e non rinchiudersi nell’appartenenza ottusa per difendersi dal simile. 

Il mondo mediterraneo ha creato quello che oggi individuiamo come nuovo modello alimentare, basato sul consumo dei vegetali come cibo principale e accompagnati da condimenti a base di parti animali meno nobili. Abbiamo rincorso questo o quel personaggio per attribuirgli la paternità delle “nuove” auspicabili pratiche quando sarebbe bastato pescare nella nostra storia recente per scovarne le radici ancora in bella vista. Questo ci avrebbe anche dato modo di percepire la nostra base produttiva (civiltà contadina e comunità di pescatori) come massima espressione della contrapposizione  rispettosa alla natura, della sua domesticazione. Falsando questa percezione abbiamo lasciato spazio ad anni di diatribe tra innovazione e tradizione, associando l’una ad una parte e l’altra che quasi ne veniva logorata. 

Forse eravamo troppo presi nel raccontare da lontano qualcosa che avremmo voluto imbalsamare in una certa maniera, a discapito  della realtà. Raccontando la proverbiale lenta andatura della campagna e della vita dei pescatori abbiamo creato un falso storico. Come riportato anche da Braudel, la vita agricola si svolge sotto il segno della fretta, i contadini lavorano da “scuro a scuro”. Il “mito della lentezza” si rivela per quello che è, una invenzione romantica, proprio in un periodo paradossale come quello che stiamo vivendo. Il mare e le campagne non si sono mai fermate.

In un tempo nuovo come questo che stiamo attraversando servono idee chiare e innovative, una ripartenza finta sarebbe l’ennesimo colpo ad un settore che troppo spesso si è autoproclamato. Troppo spesso abbiamo premiato i “già premiati” così da ricevere noi assegnatori i benefici reali dell’onorificenza.  

E’ certo che ci sarà bisogno di grande conoscenza e capacità tecnica per uscire da una crisi totale e proprio per questo bisognerà finalmente guardare al futuro. Tutto dovrà passare attraverso un analisi profonda del problema attuale ma anche e soprattutto delle criticità pregresse, causa della effettiva difficoltà di un settore che troppo spesso ha anticipato l’era del distanziamento sociale.

Avremo una prospettiva se questa prospettiva la favoriremo, proponendo noi aiuti differenziati che saranno maggiori a chi si dimostrerà in grado di progettare il futuro e soprattutto di garantirlo. A chi garantirà luoghi e condizioni di lavoro lungimiranti, a chi sarà capace di dettare nuove regole che saranno competitive non solo nella sfera commerciale ma anche in quella umana. Abbiamo il compito di creare le condizioni di entusiasmo che riporteranno i nostri collaboratori ad essere felici di affrontare le nuove sfide che ci troveremo di fronte.

 Non può essere un epidemia mondiale con migliaia di vittime, a farci capire che dobbiamo ricorrere ai produttori locali, a ricordarci che la ristorazione può essere un progetto inclusivo. Scoprire la “prossimità” grazie ad un virus letale è cosa se non altro riduttiva. Ci siamo impegnati a dividere  a mo di buoni e cattivi chi fa consegne a domicilio e chi no, contrapponendo le scelte commerciali, come se tentare di sopravvivere possa mai essere una scelta. 

Non possiamo chiudere con un Do diesis per ripartire con un Re bemolle.

Ci sarà una ripresa reale se ci riprenderemo tutti. In un settore così interconnesso è chiaro che ci sarà bisogno della collaborazione di tutte le parti in causa, chi fa, chi trasforma, chi racconta, chi guarda. Per questo le rappresentanze dovranno essere autorevoli e relativiste. Non può più essere il tempo delle rappresentanze “promozionali”.Oggi abbiamo bisogno di chi è in grado di vedere li dove nessuno vede, di ridisegnare in astratto delle regole che in gran parte erano già poco funzionanti.

Abbiamo pensato di erigere grattacieli, ci siamo ritrovati costruttori di soffitte.

Nei giorni passati, sulle pagine del Collettivo, abbiamo raccontato storie di contadini, di pescatori, abbiamo parlato della musica dei popoli e del sesso dei pesci. A prima vista sembrerebbe che siamo rimasti fuori dalle discussioni più quotate del periodo, in realtà stavamo delineando un modello di possibile ripresa, gli spunti che già ci appartengono e che potranno essere nuovi slanci, nuove rincorse. Abbiamo raccontato storie di resistenza, di adattamento, di pensieri laterali, di come i popoli si sono connessi e hanno dato vita a quel meraviglioso insieme di ecotoni che è il bacino del Mediterraneo.Lo abbiamo raccontato e lo continueremo a raccontare. Oggi non è più il tempo delle passerelle o almeno non potranno essere queste a ridare vitalità ad un settore che si fonda sulla condivisione.

Siamo ancora in tempo per lavorare a modelli di sviluppo innovativi e sostenibili ma bisognerà cominciare, per non rischiare di perdere ancora occasioni, per non continuare a costruire soffitte.

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marco ambrosino
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marco ambrosino

Marco Ambrosino, classe 1984, comincia ad occuparsi di cucina all’età di 14 anni. Dopo anni passati nei ristoranti della sua isola di origine Procida, ha l’occasione di lavorare nelle cucine del Melograno di Libera Iovine. Sono seguite esperienze in Spagna e in Danimarca per poi fermarsi a Milano dove dal 2014 è lo chef del ristorante “28 posti”.

Comment (1)

  1. Avatar

    alioscia bisceglia

    07 Mag 2020 - 23:41
    Reply

    🔥 ♥️👊🏼 RISPETTO QUOTIDIANO 🙂

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