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L’Ora del… Polpo

isole, mare, mediterreaneita, porti, ricette, storie Feb 01, 2021

Il tè rappresenta per il galateo il momento più alto, tra tutte le occasioni di incontro.
Un rituale rigido, scandito da orari precisi e da regole ferree per una perfetta cerimonia pomeridiana di conversazione intima, ma allo stesso tempo formale tra persone…

Bene, prendete tutte queste nozioni, e mettetele da parte perché oggi i salotti lasciano spazio alle strade della Napoli di un tempo.

Niente foglie dalle origini cinesi, ma tentacoli afforanti da pentoloni bollenti agli angoli delle strade.
“O Bror e Purpo”, rinfrancante e riscaldante bevanda nelle giornate rigide e pungenti di inverno per i vicoli della Napoli ‘e ‘na vota, soprattutto nella zona di Porta Capuana o Via Foria, centri nevralgici di questa pietanza.

Fra le strade di questa zona, era facile trovare le signore con il loro carro ambulante, armate di pentolone che vendevano per pochi soldi queste tazze o bicchieri ricolmi di brodo dove si scorgeva il classico tentacolo, che in napoletano si chiama “ranfetella”.

Un economico e corroborante rimedio per scaldarsi e per riempire lo stomaco.

“con due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell’acqua di mare, condito con peperone fortissimo: questo commercio lo fanno le donne, nella strada, con un focolaretto e una piccola pignatta”

“Il Ventre di Napoli” Matilde Serao (1884)

Un caldo abbraccio al palato, reso speziato dall’abbondante pepe presente (tradizione vuole che sia un ottimo rimedio contro il raffreddore), e rinvigorito dalla spiccata sapidità tutta marina di questo brodo.
Sul fondo, la “ranfetella” che attende di essere consumata, quasi a concludere un rito ormai perso nei ricordi, ma custodito da qualche resistente e tenace detentore di questa antica tradizione.

“E’ tè marino, sa di scoglio, di alga, di fosforo, di barba di tritoni, di ascelle – o peggio – di sirene, di meravigliosa o sconcia mitologia greca”

“L’Oro di Napoli” Giuseppe Marotta (1947)

Tradizione vuole, il mantenimento dell’usanza di berlo in strada la notte del 5 gennaio, nel girovagare dalle parti di Piazza del Mercato mentre i bimbi a casa aspettano i “dolci” regali della Befana.

La ricetta, prevede la preparazione di un pentolone pieno di acqua, portato a ebollizione con l’aggiunta di sale e abbondante pepe, dentro il quale si cala il polpo intero e lo si lascia cuocere per una ventina di minuti.

Un piatto dalle origini probabilmente greche, che trova riscontro sul suo consumo in una lettera di Boccaccio indirizzata a Francesco Bardi nella metà del XIV secolo dove in occasione della nascita di un bambino i genitori avevano affdato alla “puerpera” la cottura del polpo per la preparazione del brodo.

Una ricetta, che diventa tassello dell’infnito mosaico di questo bacino chiamato Mediterraneo che non fnisce mai di emozionare e sorprendere con le sue tradizioni.

“La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva

una fiamma”

Jean Léon Jaurès

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Livio Improta
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Livio Improta

Dopo i suoi esordi tra le torri medioevali di San Gimignano al “San Martino 26”, sotto la guida dello chef Ardit Curri, intraprende il suo percorso “stellato” alla corte di Raffaele Vitale in quella “Casa del Nonno 13” che ha segnato il suo cammino. Polignano a Mare e Firenze due tappe all’insegna del cibo di strada; dai panini di mare del progetto Pescaria, a quelli con il lampredotto della Ditta Nigro presso il Mercato Centrale di Firenze. Scelte dettate da amore per le tradizioni regionali italiane che lo hanno spinto a raggiungere lo storico Palazzo Vescovile di Conversano nel ruolo di sous-chef presso il ristorante Pashà. Archiviati i due anni alla corte di Maria Cicorella, dal principio del 2018 una nuova storia da raccontare, questa volta nella cucina “diretta”, consapevole e sperimentale dello chef Antonio Bufi presso il Ristorante Le Giare di Bari. Oggi fa parte della squadra di Giuseppe Iannotti al Kresios di Telese Terme

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