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Frollare il pesce: un’antica usanza contemporanea

isole, mare, mediterreaneita, porti, storie Apr 13, 2021

LA FROLLATURA

La frollatura è un procedimento tecnico che si attua dalla notte dei tempi e che riguarda la buona macellazione: la carne dell’ animale (dai bovini di grandi dimensioni alla piccola selvaggina, fino ai pesci) viene fatta maturare all’interno di ambienti con temperatura, umidità, ph ed altri parametri strettamente controllati, per ammorbidirne le fibre e renderle quindi più tenere.

Nello specifico, la frollatura punta alla riduzione dell’ umidità (responsabile della concertazione di sapore e soprattutto della conservabili dell’ alimento) e alla scomposizione degli enzimi delle proteine (responsabili della morbidezza e succulenza delle carni).

Questo è un processo fondamentale, soggetto a centinaia di variabili che si basano su un triplice rapporto: alimento da frollare/ambiente di frollatura/tempo.

Una santa trinità.

In questa infinità di varianti e variabili, il ruolo fondamentale ce l’ ha il grasso: sia intracellulare che superficiale.
Il grasso permette o meno la lunga lavorazione della frollatura che, come tutte le cose, più avviene lentamente e più risulta complessa e completa.

Qualsiasi animale, dopo la morte biologica, inizia una serie di reazioni biologiche e chimico/fisiche che provocano un naturale irrigidimento delle fibre delle sue carni (rigor mortis) che può durare da poche ore a diversi giorni.

La frollatura diventa quindi indispensabile.

I PESCI

La frollatura del pesce può rappresentare una modalità di viaggio e mai un punto di partenza o di arrivo. Se ne sente parlare sempre di più, ed è un bene. Se ne sente parlare quasi sempre come una scelta, un metodo “figo” per ottenere un risultato “figo, ed è un male. I pesci di grossa taglia vengono frollati da sempre; quelli di piccola taglia solo di recente.
È una delle sfide più antiche di sempre: dai fenici agli ottomani, passando per tutti i popoli degli oceani. L’ obbiettivo è da sempre quello di rendere un alimento fresco e altamente deperibile disponibile il più a lungo possibile. Ma se per i grandi predatori pelagici la frollatura rappresenta un passaggio fondamentale e – tutto sommato – poco complesso (grazie alla loro struttura), la vera sfida sta nel affinare questa tecnica con più pesci possibili, anche se non tutti i pesci sono adatti alla frollatura e non sempre è praticabile.

Per praticarla occorrono cinque criteri indispensabili:

  • Conoscenza della materia prima
  • Conoscenza della tecnica
  • Attrezzature base per la lavorazione del pesce
  • Luogo adatto per frollare
  • Registro di gestione

Temperatura, umidità e ventilazione sono fondamentali tanto quanto la conoscenza di ciò che vorremmo frollare.

La temperatura non deve mai oscillare al di fuori del -2° e 2° C.

L’ umidità della cella di frollatura è fondamentale tanto per limitare la prolificazione batterica quanto per rendere la pelle asciutta che si diventerà croccante in cottura.

La ventilazione è un vero e proprio partner di frollatura: dovrebbe essere completamente assente per evitare eccessive perdite di umidità ma alcune recenti tecniche stanno permettendo risultati apprezzatissimi anche con ventilazioni spinte e uso di gas alimentari.

Pesci come il maccarello reale, il pesce spada ed il tonno sono specie eccellenti da frollare, ideali per trattamenti molto lunghi grazie al loro elevato contenuto di grassi e alla loro composizione muscolare.

I pesci con strutture meno compatte e più magre invece necessitano di frollature molto più rapide (4/5 giorni), come il San Pietro, il sarago o la pratese.

Altri invece non si prestano affatto alla frollatura ed è meglio consumarli freschi a causa del loro scarsissimo contenuto di grasso extracellulare che gli conferisce poca umidità, come lo sgombro, l’ aringa o il merlano. In questi pesci la frollatura porterebbe ad un rinsecchimento eccessivo con relativa ossidazione e degradazione degli acidi grassi omega-3 e omega -6.

Il pesce destinato alla frollatura deve essere di eccellente qualità, lavorato in un ambiente sterile e asciutto, squamato, eviscerato, posizionato in cella in sospensione (non appoggiato su un lato per evitare trasudazioni ed accelerazioni batteriche) e atteso.
Per quanto tempo? Sarà il “macellaio del mare” a deciderlo. 

Alla fine del processo di frollatura il pesce deve risultare succulento, succoso e offrire una sensazione di freschezza.

CONSIDERAZIONI FINALI

La frollatura non deve essere un’ attrattiva, tantomeno una cartolina per attirare le persone.
Ma fa parte di quei tantissimi processi “invisibili” della produzione che trovano la loro nobiltà nell’ atto finale: donare un’ esperienza. Il consumatore non deve essere abbindolato con processi che simulano riti magici o che rasentano la stregoneria. Noi cuochi siamo solo custodi di conoscenze antiche e prodotti meravigliosi di madre natura. La cucina è conoscenza, chimica per fisica diviso cuore.

Consumare pesce frollato non è obbligatorio, ma lo è ancor meno trasformare questo processo in un ingrediente assoluto o un piatto finale.

Frollare e mangiare pesce frollato è un atto di sensibilità verso il mare e i suoi abitanti, tanto quanto mangiare pesce abbattuto, pesce essiccato, pesce salato, pesce affumicato, pesce sotto’ olio, sotto’ aceto e chi più ne ha più ne metta. La frollatura abbassa lo scarto (minore perdita di acqua) e soprattutto dona una vita più lunga ad un’ alimento che , ancora oggi, nel 2021 viene considerato poco e male. Ma da sola non fa miracoli, non li ha mai fatti e mai li farà.
La coscienza è l’ arma più potente di tutte. Armatevi e amatevi.
Il mare vi ringrazierà. E anche io.

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fabio tammaro
Written by
fabio tammaro

Proprietario e chef del ristorante di pesce Officina dei Sapori a Verona, ha vissuto gran parte della sua adolescenza tra Torre Annunziata e Vico Equense, dove si è diplomato alla prestigiosa Alberghiera F. De Gennaro appassionandosi alla ristorazione. Dall'ottobre 2012 gestisce l'Officina dei Sapori, realtà ristorativa di spicco a Verona.

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